Come abbiamo anticipato qui, la seconda edizione di CoopUPBo è ufficialmente iniziata mercoledì 5 ottobre con il primo appuntamento su VALUE PROPOSITION: come comunicare la propria unicità al mercato.
Tantissimi i presenti, curiosi e pronti a iniziare questo percorso.
L’evento è iniziato con l’intervento di Gaspare Caliri [Kilowatt] che ha raccontato chi è Kilowatt, soffermandosi in particolare sull’approccio, che ruota attorno a 4 modalità:
- il design dei servizi
- l’arte relazionale
- il community organising
- l’imprenditorialità
Gaspare ci descrive anche i riferimenti a cui Kilowatt si ispira, in particolare:
- I provo e le bici bianche: un movimento nato a Amsterdam a metà degli anni Sessanta che, tra le altre cose, promosse il traffico ciclistico attraverso la distribuzione pubblica di biciclette di proprietà comune e pubblicò alcune proposte per una trasformazione urbana che mettesse al centro i bisogni dell’essere umano.
- A Malmö, nel 1975 la Pubblica Amministrazione decise di introdurre i computer all’interno degli uffici. Vista la resistenza degli impiegati, fu coinvolta una équipe di designer dei servizi per co-progettare con il personale l’utilizzo dei nuovi strumenti. Fu l’occasione per costruire un progetto in l’utente fosse al centro e partecipe, in modo che si appropriasse del nuovo strumento lavorativo.
- STPLN (Malmö): uno spazio per makers, aperto a chiunque voglia creare e costruire oggetti.
- artway of thinking: un collettivo di artisti relazionali che ha come obiettivo quello di fare ricerca sulla metodologia della co-creazione e sui processi creativi collettivi.
Gaspare ha poi spiegato il metodo di CoopUPBo, una incubazione che si basa sul network e abbandona la logica familiare, cioè di dipendenza da un genitore, per una tribale, di collaborazione tra le realtà, e abbia come obiettivo l’open innovation** [Trovate una breve sintesi di questo studio in questo post].
E arriviamo al tema della giornata: Cos’è la proposta di Valore? E l’identità?
La strutturazione di un valore si dà spesso per differenza: nella definizione della propria identità è più facile pensare a cosa NON si è e non si vuole essere, piuttosto che a cosa si è e si vuole essere. La parola a alcuni dei partecipanti:
Non voglio lanciare la mia linea di moda, voglio far conoscere alle persone il loro corpo e permettere loro di crearsi il modello più adatto [Sara Colombo, progetto Sew your idea]
Non vogliamo diventare l’ennesima piattaforma di condivisione e non vogliamo diventare un luogo in cui le persone si sbarazzano degli oggetti [Antonio Beraldi, progetto Leila]
Non vogliamo essere un coworking, vogliamo creare una interazione con le persone e farle diventare collaboratori per i servizi che offriamo [progetto Seven’s Bo]
Non saremo un incubatore di startup digitali, saremo un contenitore di idee che vengono da persone diverse [Marco Lotito, progetto Abitando s’impara]
Questo esercizio è molto utile nel momento in cui stiamo definendo la nostra idea di impresa; ci aiuta a chiarirci le idee e a trovare elementi distintivi nel caso in cui ci stiamo collocando in un mercato già affollato.
Nella seconda parte del seminario, Nicoletta Tranquillo [Kilowatt] ha introdotto il Value Proposition Canvas, strumento che aiuta a progettare, testare e costruire la Value Proposition aziendale nei confronti dei clienti- utenti. Questi sono centrali nel processo di costruzione del valore ed è da li che bisogna partire, dai loro bisogni e desideri.
Perciò, è fondamentale rispondere a queste domande:
- a chi si rivolge la mia attività?
- quali sono le sue difficoltà a livello emotivo, sociale, funzionale, lavorativo?
- quali i suoi desideri?
- qual’è la sua giornata abituale?
- come il mio servizio risolve quei problemi o si inserisce in quella giornata?
Ricordando sempre che il valore è soggettivo: può essere vero per un cliente e non per un altro. Perciò è importante non dimenticare che esistono diversi segmenti di clientela e per ognuno devo individuare le necessità per sviluppare prodotti adatti.
Il Value Proposition Canvas ci aiuta in questo passaggio.
La parte destra Customer Segment è quella relativa al cliente; nel compilarla è necessario definire: 1.Customer job (Cosa fa il mio cliente? Quali sono le sue attività?A quale bisogno rispondo con il mio prodotto/servizio?), 2.Gains (Quali sono i vantaggi che il mio prodotto/servizio genera per i miei utenti?), 3.Pains (Quali sono i rischi/svantaggi che il mio utente potrebbe sperimentare usando il mio prodotto/servizio?)
La parte sinistra è relativa invece alla Value Proposition, in cui si descrivono: 1.Prodotti/ servizi proposti (che devono corrispondere alle attività/caratteristiche dei target), 2.Gain creators (Quali caratteristiche del mio prodotto/servizio generano vantaggi per il mio utente), 3.Pain Relievers (Quali caratteristiche del mio prodotto riducono le difficoltà dei miei clienti).
Una volta compilato il VPC, è utile verificare che l’utente esista e abbia la caratteristiche immaginate per validare l’offerta che abbiamo immaginato.
Ultimo suggerimento di Nicoletta: è importante mantenere il core dell’offerta come prioritario e evitare di voler fare tutto subito.
[Alcuni team impegnati nella compilazione del Value Proposition Canvas]
La giornata, si è conclusa con il tanto atteso momento MrWolf [se non sapete di cosa stiamo parlando, qui una breve spiegazione del format]. Dynamo, la velostazione di Bologna era l’impresa ospite, che è stata analizzata da Letizia Piangerelli [Innovation Advisor] e Stefano Follador [Kilowatt]. Qui una infografica riassuntiva delle domande emerse e le relative risposte dei MrWolf.
Il prossimo appuntamento sarà mercoledi 19 ottobre su L’IDEA D’IMPRESA: strumenti per creare e rimodellare la proposta di valore, tra business modeling e community.
Non sarà previsto ilmomento MrWolf, perciò l’orario è dalle 14,00 alle 18,00 a Kilowatt c/o Le Serre dei Giardini Margherita, via Castiglione 134.
Per informazioni o domande, scrivete a coopupbo@confcooperative.it
**Per approfondire: alcuni materiali sull’open innovation e le slide dei relatori
Open Innovation, the new imperative for creating and profiting from technology, Henry Chesbrough, 2003